SPORT SENZA DOPING informare per prevenire
Uno dei sintomi principali e più comuni delle patologie neoplastiche è rappresentato dall’affaticamento (stanchezza/astenia), che può essere causato sia dalla malattia che dagli effetti avversi della terapia. La stanchezza causata da cancro si differenzia da quella “normale” dovuta a mancanza di sonno/riposo o da quella da superlavoro perché è più grave, persistente, invalidante e non può essere alleviata dal riposo. Malgrado la frequenza e l’impatto negativo, l’affaticamento è spesso sottovalutato e sotto-trattato dai clinici.
La terapia dell’affaticamento può essere multidisciplinare e può avvalersi sia di approcci farmacologici classici che di strategie non convenzionali o incrementando l’attività fisica.
La causa della stanchezza associata al cancro è multifattoriale con meccanismi che riconoscono componenti di tipo medico, psicosociale, comportamentale e biologico. Altri fattori negativi importanti sono: la presenza di co-morbilità, l’assunzione di farmaci debilitanti, deficit nutrizionali, disturbi psicologici o dell’umore e riduzione dell’attività fisica. Le cause più frequenti di affaticamento includono anemia, disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (attraverso un’alterazione della produzione di glucocorticoidi o della sensibilità dei loro recettori), deficit di funzioni neurotrasmettitoriali (serotonina) e alterazioni del metabolismo muscolare, ma il meccanismo alla base dell’affaticamento che ha ricevuto più attenzione è la disregolazione nella produzione di citochine, particolarmente quelle di tipo infiammatorio. L’affaticamento associato a cancro è correlato anche con l’inattività fisica, con l’obesità o con una condizione di peso eccessivo dei pazienti ed è probabilmente causato dalla ridotta funzionalità cardiovascolare che si accompagna a queste condizioni. In pazienti con cancro della mammella con affaticamento persistente dopo il termine della chemioterapia si è osservata un’alterata sintesi e una ridotta sensibilità al cortisolo prodotto in risposta allo stress.
Efficacia degli esercizi aerobici nel ridurre l’affaticamento
Studi di meta-analisi indicano che gli interventi con esercizi fisici aerobici sono efficaci nel ridurre l’affaticamento durante e dopo la chemioterapia. Le linee guida dell’American Sport Society (ASS) raccomandano che i pazienti affetti da tumore con affaticamento persistente svolgano almeno 150 minuti di attività fisica moderata alla settimana, una durata e una intensità paragonabili a quelle raccomandate per la prevenzione dei fattori di rischio per malattie cardiovascolari ed altre patologie croniche come diabete e ipertensione o consigliate per controllare il peso corporeo. L’ASS suggerisce di iniziare il trattamento dell’affaticamento con esercizi aerobici di livello modesto, aumentando gradualmente l’intensità e di individualizzare la terapia tenendo conto delle condizioni cliniche del paziente, delle cause eventualmente associate (depressione, disturbi del sonno, ecc.), dell’età biologica, del livello di sopportazione degli allenamenti.
L’identificazione dei meccanismi alla base dell’affaticamento è essenziale nel guidare la strategia terapeutica che per essere efficace dovrebbe essere il più possibile individualizzata e mirata analogamente a quanto avviene per la terapia antineoplastica. Ad esempio per i pazienti nei quali l’affaticamento sembra dovuto principalmente al modo di affrontare la diagnosi e il decorso della malattia, una terapia con esercizi fisici in associazione con approcci cognitivo-comportamentali potrebbe essere efficace. Invece, i pazienti in cui è presente una forte componente infiammatoria, rilevata da esami ematochimici, potrebbero rispondere meglio ad una terapia con agenti antagonisti del TNF-α come l’infliximab in associazione o meno all’incremento dell’attività fisica, che contribuisce al raggiungimento di un effetto anti-infiammatorio.