SPORT SENZA DOPING informare per prevenire
L’attività fisica si comporta, proprio come un farmaco nel prevenire e alleviare la sintomatologia o le complicazioni delle malattie croniche. Diversi studi epidemiologi, la revisione critica di trials clinici forniscono il razionale per approcci terapeutici che prevedono l’attività fisica al punto che, l'incremento dell'attività fisca è entrato a far parte delle linee guida per la prevenzione e il trattamento di molte malattie croniche.
Il concetto di dose di attività fisica
Come nel caso dei farmaci è imperativo riuscire ad individuare la "dose" di attività fisica che porta ai benefici o all’insuccesso. Per quanto riguarda intensità e durata si è cercato di uniformarne i livelli in una sola unità di misura. Il parametro più comunemente usato è il metabolic equivalent task (MET), che quantifica l’intensità di uno sforzo fisico (1 MET = 3.5 ml O2ㆍkg-1ㆍmin-1) ed è definito come la spesa energetica a riposo di un individuo adulto medio. Quasi tutti gli studi concordano che un’attività fisica regolare (>8 MET) in grado di far raggiungere elevati, o almeno moderati, picchi di forma fisica riduce significativamente il rischio e la mortalità da malattie croniche. Molti studi epidemiologici concordano sul fatto che l’attività fisica ha un impatto superiore della dieta sana sul rischio di morte.
Fattori modulati dall’esercizio fisico regolare.
Ossido nitrico (NO)
L’attività fisica modula la produzione di NO suggerendo un suo ruolo positivo in diverse patologie come diabete, malattie cardiovascolari e malattie degenerative muscolari. L’NO oltre a causare vasodilatazione, migliora il flusso ematico, la microcircolazione e interviene nel metabolismo energetico. L’allenamento aerobico, ad esempio, migliora o ristabilisce la funzione endoteliale, la capacità di vasodilatazione delle arterie che si riduce con l’età, aumenta la produzione di NO nei muscoli scheletrici, influenzando probabilmente la mitocondriogenesi.
Emoglobina glicosilata (Hb)
L’esercizio fisico è associato ad una riduzione dell’Hb glicosilata, a livelli comparabili a quelli ottenuti mediante trattamento con farmaci antidiabetici come la metformina.
Lipidi
Alcune meta-analisi hanno esaminato fattori di rischio come il livello dei lipidi circolanti: l’allenamento sembra ridurre i livelli di trigliceridi ma non quelli di colesterolo totale, mentre altri studi hanno rilevato un aumento dei livelli di High density lipoproteins (HDL).
Pressione sanguigna
L’attività aerobica o di resistenza induce una riduzione della pressione sanguigna sia sistolica che diastolica negli individui normotesi (circa -2/4 e -2 mmHg, rispettivamente) ed ipertesi (circa -5/9 e -3/6 mmHg, rispettivamente).
Emostasi e funzione endoteliale
Studi osservazionali longitudinali (che si realizzano con dati ottenuti nel susseguirsi del tempo) hanno dimostrato che l’attività fisica riduce gli eventi cardiovascolari trombo dipendenti, come infarti e stroke non mortali, in soggetti con o senza una storia di malattia cardiovascolare ed è efficace nel prevenire le ospedalizzazioni in pazienti con stent, pur non riducendo le morti per infarto o stroke. La riduzione del rischio cardiovascolare indotta dall’attività fisica intensa, viene attribuita principalmente agli effetti su biomarcatori di emostasi e infiammazione, come fibrinogeno e proteina c reattiva.
Il controllo della pressione sanguigna, la riduzione dei livelli di lipidi contribuiscono alla riduzione del rischio cardiovascolare.
Riduzione del peso corporeo
L’esercizio fisico induce una riduzione di peso corporeo valutato come indice di massa corporea (body mass index, BMI) contribuendo alla riduzione del rischio vascolare.
Invecchiamento
L'esercizio fisico, oltre al miglioramento della funzione endoteliale, all’azione su altri fattori di rischio cardiovascolare, può agire ripristinando le disfunzioni del sistema nervoso autonomo che si associano all’invecchiamento. L’invecchiamento è caratterizzato da un’aumentata attività del sistema nervoso simpatico in diversi tessuti periferici che può portare ad una riduzione del flusso ematico alle estremità, ad un aumento della pressione arteriosa, ad uno squilibrio del riflesso dei barocettori, a ipertrofia delle grosse arterie. Uno dei parametri che viene utilizzato per misurare l’attività funzionale del sistema nervoso autonomo e la risposta clinica nei trials che valutano il rischio cardiovascolare è la misura dell’heart rate variability (HRV) un marker della disfunzione del sistema nervoso autonomo, (alti valori hanno un significato positivo), ovvero la naturale variabilità della frequenza cardiaca in risposta a fattori quali il ritmo del respiro, gli stati emozionali, lo stato di ansia, stress, irritazione, rilassamento, che riflette la corretta interazione fra il Sistema Nervoso Simpatico e Parasimpatico. Numerose evidenze sperimentali indicano che l’esercizio fisico può avere effetti benefici normalizzando l’attività funzionale del sistema nervoso autonomo. L’esercizio moderato (come ad esempio camminare speditamente) aumenta l’HRV, attenua la riduzione della funzione dei barocettori associata all’età, svolgendo un’azione protettiva sia in soggetti sani che in pazienti con infarto del miocardio, insufficienza cardiaca o diabete.
Miostatina e segnali di trasduzione
La miostatina ha una potente azione inibitoria sulla crescita muscolare, agisce mediante inibizione di mammalian target of rapamycine (mTOR) (una protein-chinasi che regola la crescita, la proliferazione, la motilità/sopravvivenza delle cellule, la sintesi proteica e la trascrizione). Gli allenamenti aerobico e di resistenza riducono l’espressione di miostatina, e questo effetto contribuisce alla diminuzione sia di adiposità/obesità che di degenerazione muscolare, mentre induce la generazione di cellule adipose brune attraverso l’attivazione della via di trasduzione di peroxisome proliferator-activated receptor gamma (PPAR-γ) e dell’ormone irisina, entrambi coinvolti nella regolazione del deposito degli acidi grassi e nel metabolismo del glucosio, nella conversione della cellula adiposa bianca in cellula adiposa bruna inducendo miglioramenti in caso di debolezza muscolare.
Citochine
L’attività fisica è coinvolta anche nella secrezione di diverse citochine da parte del tessuto muscolare (miochine).
IL-6 è il prototipo delle miochine che aumentano nel sangue in seguito alla contrazione muscolare. Il suo rilascio aumenta proporzionalmente con l’intensità dello e la durata dello sforzo, mentre i suoi livelli diminuiscono con la degenerazione muscolare e con l’ingestione di carboidrati. I segnali che portano alla produzione di IL-6 sono gli aumentati livelli di NO endogeno indotti dall’attività fisica, l’interazione tra Ca2++ e fattori nucleari dei linfociti T attivati, la via p38/MAPK, a loro volta coinvolte in diversi processi, quali differenziazione cellulare e apoptosi. Questa miochina esercita azione locale, sul tessuto muscolare, e su altri tessuti, agendo come un ormone che media diverse funzioni metaboliche ed anti-infiammatorie. L’IL-6 agisce sul tessuto muscolare scheletrico e sul tessuto adiposo, aumenta la captazione del glucosio e l’ossidazione dei lipidi nei miociti e in altri tipi cellulari. L’aumento di produzione di questa citochina in seguito a brevi sessioni di esercizi intensi può attenuare i livelli d’infiammazione che sono caratteristici di cancro, malattie cardiometaboliche e dell’età avanzata. Quindi, l’esercizio regolare può creare un background “sano” attraverso la produzione di IL-6 e altre citochine anti-infiammatorie e l’inibizione di citochine infiammatorie, ad esempio TNF-α e IL-15 (una miochina il cui rilascio è indotto dalla contrazione muscolare, gioca un ruolo anti-obesogenico, principalmente inibendo i depositi di lipidi, ed ha un effetto anti-catabolico e anabolico locale).
Neurotrofine
L’attività fisica interviene nella sintesi di neurotrofine, molecole che stimolano la sopravvivenza, il differenziamento e la crescita neuronale. Tra esse la molecola che risente maggiormente dell’azione dell’esercizio fisico aerobico è il fattore neurotrofico di derivazione cerebrale o brain-derived neurotrophic factor (BDNF) coinvolto in processi di neuroplasticità e neurogenesi. I livelli di BDNF circolante aumentano significativamente durante gli esercizi molto intensi e decrescono rapidamente a livelli basali nel periodo di riposo immediatamente successivo. Recentemente è stato ipotizzato che gli aumentati livelli di BDNF indotti dall’esercizio possano avere un ruolo nel ritardare e attenuare i sintomi delle malattie degenerative.
Radicali liberi
È noto da tempo che l’attività fisica vigorosa genera radicali liberi (specie reattive dell'ossigeno, ROS) in maniera dipendente da intensità e durata. I radicali liberi derivano da diverse fonti e i più comuni sono perossido di idrogeno (H2O2), ione superossido (O2) e i radicali ossidrilici (OH-). Tuttavia, diverse evidenze sperimentali dimostrano che un regolare esercizio fisico paradossalmente modula anche positivamente anti-ossidanti endogeni non solo nei muscoli, ma anche nel fegato, cervello, cuore, rene, stomaco, intestino, vasi e sangue circolante. Modelli sperimentali hanno dimostrato che l’esercizio fisico riduce la perossidazione dei lipidi e aumenta l’attività di enzimi antiossidanti come superossido dismutasi, citrato sintasi, catalasi e la concentrazione di glutatione.
Queste osservazioni hanno portato a superare le vecchie teorie che consideravano l’esercizio fisico solo come una potenziale fonte di danni ossidativi nocivi per la salute. Accumuli di ROS di derivazione muscolare possono essere causati anche da una prolungata inattività, che tra l’altro, contribuisce all’atrofia muscolare. Le fibre muscolari stimolate dall’attività fisica producono, dunque, una sorta di adattamento ai ROS: un aumento di ROS indotto da un’attività fisica d’intensità moderata può produrre un adattamento positivo, aumentando la capacità ossidativa muscolare. Inoltre, i ROS possono svolgere un ruolo importante nell’angiogenesi e nella mitocondriogenesi, nel migliorare la dilatazione dei vasi, nella induzione di proteine citoprotettive (heat shock proteins).